domenica 4 ottobre 2009

LA LOTTA PAGA SEMPRE: l'udienza dell'8 ottobre riconosce i crediti dei lavoratori del calzificio ex Primamoda di Casalromano (MN)








L'UDIENZA FALLIMENTARE DI GIOVEDì 8 OTTOBRE 09 ha riconosciuto i lavoratori come creditori privilegiati dopo che gli stessi operai avevano chiesto il fallimento del calzificio Primamoda che ha lasciato un "buco" di 15 mil di €. Nel frattempo la cassa è ancora al palo: il Ministero deve ancora firmare il decreto di pagamento, mentre è stata anticipata dalle banche solo una quota irrisoria relativa il periodo prefallimentare e solo ad alcuni lavoratori. Monica Perugini capogruppo COMUNISTI SINISTRA POPOLARE in consiglio provinciale a Mantova ha scritto ai deputati locali di PD e IDV perchè sollecitino l'emanazione del decreto e il pagamento attraverso l'INPS locale.

1 commento:

monica ha detto...

Piove sul bagnato per gli operai del calzificio ex Primamoda di Casalromano (MN) che attraverso la loro azione auto organizzata, seguita solo in un secondo tempo da quella del sindacato, hanno chiesto il fallimento della proprietà, sommersa dai debiti e che non ha pagato loro gli stipendi dallo scorso mese di dicembre 2008.

La cancelleria del giudice delegato alla procedura fallimentare, infatti, con un fax giunto all'avvocato dei lavoratori venerdì 2 ottobre scorso, ha comunicato che per un legittimo impedimento, la prima udienza di avvio della procedura per la quale i lavoratori sono creditori privilegiati e quindi debbono percepire con precedenza sugli altri debitori i crediti spettanti, è stata rinviata al 26 gennaio del 2010.

Una beffa, se consideriamo che l'udienza è solo il primo passo per arrivare alla riscossione degli stipendi non pagati: il rinvio infatti protrae di almeno altri sei mesi le aspettative dei 70 lavoratori e delle loro famiglie, senza stipendio da dieci mesi, dopo che macchinari e impianti sono stati pignorati a seguito dei debiti contratti dall'allora proprietario Prignacchi, nonostante il calzificio fosse produttivo ed avesse consegne ed ordinativi da evadere, e quindi produzione e lavoro, per mesi.

Il risultato invece è stata la vendita fittizia ad una società d'affari di Brescia, la PMC che ha portato alla tribolata procedura fallimentare chiesta dagli operai che si sono auto organizzati, pagando di tasca proprio l'avvocato.
La procedura fallimentare ha fatto chiarezza ma ha appesantito la situazione amministrativa, tanto che i lavoratori sono ancora in attesa di percepire la cassa integrazione straordinaria: solo alcuni di loro hanno riscosso una quota irrisoria, relativa al periodo prefallimentare mentre notizie certe del decreto di assegnazione sono ancora difficili da reperire allo stesso Ministero, dove la consueta risposta dei funzionari è che l'enorme mole creata dalla crisi non permetterebbe di essere tempestivi nell’evadere le pratiche di cassa integrazione: alla faccia di quella semplificazione delle procedure per ottenere un diritto, peraltro già pagato dalla fiscalità pubblica, che Regione Lombardia e Governo vantano ad ogni occasione come positiva conseguenza del decreto “anti crisi”.

La vicenda del calzificio dell'alto mantovano e la situazione di ingiustizia e disagio che stanno vivendo operai che vi lavoravano anche da decenni, è stata seguita da vicino dal gruppo consiliare provinciale dei Comunisti di Sinistra Popolare che si sono rivolti ai deputati locali perché intervengano con urgenza presso il Ministero in modo che la vicenda, dopo dieci mesi di peripezie, sia definita e sia dato mandato all'INPS locale di pagare la cassa integrazione straordinaria agli stessi lavoratori.

Nel frattempo non è possibile nascondere la delusione e l’amarezza anche per le modalità di presa in carico di simili urgenze giudiziarie che vedono in gioco le condizioni di vita e i diritti di oltre 70 famiglie, da dieci mesi senza salario e senza prospettive e che, dopo aver attivato a proprie spese la procedura fallimentare, attendono di poter riscuotere ciò che gli spetta, cioè il salario non pagato per il lavoro eseguito e che per dovranno aspettare ancora per mese
monica perugini

www.proletaria.it