venerdì 2 novembre 2007

PIROSSINA: LA PROPOSTA di RECUPERO di OSVALDO LAMPERTI, URBANISTA, DOCENTE UNIVERSITARIO del POLITECNICO di MILANO, del COMITATO REGIONALE del PdCI.


Sul destino dell'ex cava Pirossina non ci possono essere dubbi, sono completamente d'accordo con voi. Mi permetto quindi di allegarvi una immagine del Parco delle Cave di Milano; parco che oggi esiste grazie all'ostinata lotta soprattutto di abitanti, associazioni e comitati di cittadini e cittadine di Baggio, Quarto Cagnino e Quinto Romano. Pur essendo ovviamente molto diverso dalla Pirossina, questo parco è uno dei tanti esempi di recupero naturalistico e paesaggistico di cave un tempo dedicate all'attività estrattiva di ghiaia e altri materiali che, una volta dismesse, sono diventate discariche abusive assai pericolose per la salute umana. Perchè per la ex Pirossina, anzichè trasformarla in una discarica istituzionalizzata non si può fare altrettanto? Le istituzioni pubbliche competenti, che nel passato hanno rilasciato il permesso per le attività della cava, hanno o no pensato di far sottoscrivere una convenzione agli operatori privati per una sua ri-naturalizzazione paesaggistica, a loro cura e spese, dopo la dismissione? Per il trattamento e il riciclo dei rifiuti esistono oggi tecniche e tecnologie che non richiedono un consumo del suolo per le discariche tradizionali. Esiste per esempio una tecnologia, abbastanza recente, diffusa in Islanda, basata su impianti di dissociazione molecolare dei rifiuti, che costituisce un superamento dei grandi inceneritori e termovaloralizzatori utilizzati generalmente in Italia. Vi allego quindi una descrizione di questa tecnologia, che spiega gli enormi vantaggi sociali ed ambientali di un impianto di questo genere, più di quanto io sappia fare. Voglio solo aggiungere che esso può essere utilizzato anche per trattare quantità limitate di rifiuti e collocato in siti prossimi alla produzione dei rifiuti sia civili che industriali. Si possono adirittura utilizzare aree industriali dismesse anche di ridotte dimensioni. Consente quindi di escludere i notevoli impatti dei trasporti a lunga distanza di grandi quantità di rifiuti, che devono necessariamente alimentare i grandi inceneritori e termovalorizzatori.

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