lunedì 19 gennaio 2009

DISTRETTO DELLA CALZA IN CRISI: POMPEA VUOLE LICENZIARE 170 OPERAI. CARLO GRASSI FA CONVOCARE IL DISTRETTO.PERUGINI:CONSIGLIO PROVINCIALE SUL LAVORO.

170 licenziamenti immediati con mobilità sono la richiesta di padron Rodella alla Pompea, dopo l'assemblea sindacale di questa mattina al calzificio di Asola. Mercoled' si teme la replica a Medole dove si svolgerà un'altra assemblea dei lavoratori. Il sindacato propone la cassa integrazione straordinaria ma la trattiva è risicata: mercoledì mattina ci sarà l'incontro fra le parti e nel pomeriggio la riunione del distretto della calza che Carlo Grassi, assessore provinciale al lavoro, è riuscito a far convocare con urgenza alla presenza di imprenditori, sindacati e sindaci. Nel frattempo all'ex PRIMAMODA il nuovo padrone non ha ancora versato l'anticipo di 500 euro ai lavoratori in attesa e tutti i macchinari sono stati sequestrati.....
Leggi Monica Perugini su www.proletaria.it e nel commento

1 commento:

monica ha detto...

COME ERAVAMO E COME SIAMO
Monica Perugini
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www.proletaria.it

E' crisi dell'intero territorio e di una gravità che non ritroviamo nei precedenti decenni: tessile, meccanico e chimica fanno la fortuna della nostra provincia: oggi la crisi investe tutti i settori e il loro indotto.
Il basso mantovano è squassato dalla crisi IVECO e ora lo è anche del distretto della calza, ovvero quel settore tessile che, con in testa i calzifici, è stato il vero traino del comparto: manna per gli imprenditori nostrani dei Grassi, Rodella e altri vecchi capitani d'industria fatti da se' (oggi facilmente adeguatisi al new deal global / finanziario / speculativo) e sicurezza per quella classe operaia storica, composta dai laboriosi lavoratori dell'alto mantovano che con le loro famiglie, sono stati capaci, negli anni, di indicibili sacrifici, per riscattarsi da quella zona allora "depressa" che Castelgoffredo e Castiglione rappresentavano fino a poco meno di 40 anni fa.
Proprio come i moderni operai dei calzifici famosi (Pompea, Golden, Omsa ...) con annesse tessitura ma anche conceria e torcitura. Chi ci ha lavorato sa cosa vuol dire. Oggi insieme a tanti operai italiani (anche se disconosciuti per lungo tempo dal centro sinistra conclamato della politica ufficiale), ci lavorano gli stranieri, tanti immigrati "neri", come senza metafora, vengono chiamati. Sono altrettanto laboriosi e disponibili dei nostri vecchi operai, arrivati al massinmo, nel tempo a fare il capo reparto, il capo fabbrica. Insomma il buon capomastro che fa la casa ma non potrà mai essere geometra. Arrivano da Ghana, Senegal, India, Magreb; sono disposti a tutto, senza lamentarsi, per uno stipendio "alto" e in regola: 1200 euro al mese, straordinari compresi , con cui riescono a sfamare due ed anche tre famiglie, quella in Italia e quelle di orgine a casa. Si lavora e basta, il sabato pomeriggio si va a fare la spesa per la settimana, tutti insieme, proprio come allora, 40 anni, fa quando ero piccola e mio padre dalla città aveva tentato l'avventuta a Castiglione; zona depressa, aggiungeva mia madre. Lui ce l'ha fatta, come i padri delle mie amiche che facevano le calze nei garage e poi mettevano su il laboratorio o la maglieria. Era andata bene e la nostra vita era cambiata. Allora il mercato tiravae noi eravamo riusciti a cambiare vita e a prendere coscienza.
Non potrà più essere così per chi si piega 10, 12 ore al giorno sui macchinari di calze che, oggi, chiunque e ovunque può far fare (partendo anche da casa nostra) ad un prezzo irrisorio, in paesi dove diritti, sindacato e garanzie per gli operai non ci sono e che padroni, Europa e molta Italia vorrebbero diventare il nostro obiettivo.
Anche 40 anni fa da noi di diritti ce n'erano pochi, ma c'era la lotta, il sindcato, le speranze, le idee e chi le rappresentava per una classe intera. Oggi questo non è nemmeno più un ricordo.
La storia che si ripete e in peggio, dunque. E per assurdo, in comuni dell'ex Mantova operaian già contadina, del basso ma anche delle stagioni rosse dell'alto mantovano, dove invece oggi la Lega col suo razzismo e populismo, imperversa! Non c'è RSU, il sindacato è debole e, in buona parte, pare interessato solo alle lotte intestine fra pro e contro l'attuale dirigenza del Pd, mentre dall'India e dal Bangladesch, via agenzie interinali targate, i lavoratori stranieri giungono nell'alto come nel basso mantovano (e quindi, ovunque!) già tesserati UIL o CISL...... Nessuno ne parla, come si tace di diritti, a partire dal lavoro ma anche del voto che una società civile dovrebbe riconoscere a chi lavora e paga le tasse quì.
E' quasi impossibile riuscire a sistemare le cose, anche per chi, da eletto nelle istituzioni, non vuole arrendersi ad un'ingiustizia manifesta destinata a restar tale; le difficoltà sono tante e tali, moltiplicati da quella sciagura della legge 30 e da quello che ha significato in Italia per i lavoratori, da indurmi ad una non accettata rassegnazione, peggio della resa, del semplice, inutile, ascolto per chi crede nella lotta. Ed anche se si ottiene un qualche piccolo risultato, strappato con lotte e insesistenze inenarrabili, in quelle amministrazioni di cui, con altri, pochi compagni, faccio parte e che qualcuno, troppi ancora si ostinano a chiamare di "centro sinistra"m solo e proprio per (e per fortuna, anche grazie) a quel poco che contiamo.
La nostra, la mia amarezza per come una intera classe sociale, fatta di uonini e donne lavoratori e lavoratrici. impegnati a vita e senza sosta per gli altri, a partire dai figli, dalla famiglia, dagli amici e dagli affetti, eppure sempre offesi, vilipesi, insultati e tacciati dei peggiori odiosi insulti standardizzati e generalizzate contro immigrati e non conformi, oppure esclusi, emarginati, retrocessi da storici quanto nostrani operai meccanici o tessili ad addetti a pulizie, assistenti socio sanitari, aiuto cuoci (se va bene), disoccupati e/o occupati in nero non la cancello, soprattutto con riguardo alle responsabilità di chi, la classe, doveva guidarla verso un mondo migliore per tutti, non usarla per ottenere il proprio mondo migliore. Ricostruiremo, forse, ma è fatica e siamo attorniati da troppa, ormai insopportabile ambiguità.